• 16 marzo 2023 – Nettuno – Scuola, Cultura, Legalità – L’intervento di Caterina Viola

    16 marzo 2023 – NETTUNOSCUOLA, CULTURA, LEGALITÀ

    Esperienze a confronto

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    Ringrazio il Commissario straordinario, dott. Antonio Reppucci, che regge, in questo periodo, le sorti del Comune di Nettuno e la dott.ssa Margherita Camarda, Dirigente del Comune, che conosco da anni ed apprezzo molto per la sua amicizia, con la quale abbiamo insieme già lavorato; li ringrazio  per  l’invito che mi hanno rivolto permettendomi così di essere presente in questo incontro.

    Ringrazio  tutti coloro che sono presenti in questa sala e a loro rivolgo il mio saluto con la speranza di non approfittare molto  del loro tempo  e della loro disponibilità ad ascoltare le mie parole.

    Nella locandina che annuncia questo incontro campeggiano tre parole che sono, per la loro rilevanza , molto significative e che mettono veramente a fuoco quelli che sono i capisaldi di una società civile.

    La parole sono:  scuola; cultura; legalità

    Sono tre parole magiche che indicano insieme ad un’altra parola altrettanto magica (socialità) quelli che sono i capisaldi del vivere civile .

    Ma, prima di andare oltre, sento il dovere di chiarire che il mio intervento si articolerà in due parti. In una prima parte farò dei cenni proprio su questi tre capisaldi (scuola, cultura legalità).

    Seguirà poi una seconda breve parte in cui mi soffermerò sul mio modo personale di pormi di fronte ai temi da trattare.

    Mentre osservo lo scorrere rapido e a volte frenetico dei giorni, delle settimane, dei mesi che scandiscono il nostro tempo nella nostra società  mi convinco  sempre di più che parlare di scuola; cultura; legalità non ha alcun riscontro positivo se rimane un fatto astratto ed isolato, senza nessuna incidenza se rimane senza seguito e continuità.

    Tra l’altro, il livello culturale dei nostri tempi si è così abbassato che a legittimare l’illegalità grande o piccola che sia, spesso siamo proprio noi.

    Chi di noi non ha tentato, almeno una volta, una furbata ad un esame? Quanti tra noi, pur con brillanti competenze, sono costretti a scendere a compromesso pur di lavorare.

    E molto spesso non si riesce nemmeno più a lavorare. È enormemente aumentato il numero di quanti sono costretti oggi, specie a motivo della crisi, a essere pagati in nero, a non emettere fattura, a perderci dei soldi.

    Ma quanti, comunque preferiscono la via più facile del compromesso piuttosto che quella della normalità e della legalità?

    Uno dei luoghi decisivi in cui  coloro che hanno intenzione di far crescere la nostra società nel quale  si trovano fianco a fianco è proprio quello dell’educazione alla legalità che passa proprio attraverso le piccole scelte, quelle di ogni giorno, come obliterare il biglietto quando si sale sul bus, piuttosto che rispettare le norme stradali quando si guida.

    La radice della legalità è sempre il bene comune che equivale ad atteggiamento responsabile di chi cerca, prima che il proprio utile, il bene della comunità dentro cui vive, nella convinzione che l’uno senza l’altro non possono sussistere.

    Le crisi profonde, ci insegnano i sociologi  hanno, il più delle volte una radice antropologica che trova la sua motivazione ultima nella negazione della persona, dell’uomo in quanto tale, ed è dovuta proprio alle troppe sacche di illegalità e ingiustizie, con abusi e soprusi che non vengono sufficientemente contrastati e annientati.

    Noi dobbiamo essere per la legalità e per la giustizia – si ribadisce da tante parti.

    Allora cominciamo a dimostrare coi fatti che non crediamo alle scorciatoie o alle soluzioni facili, ma che solo un cambio collettivo di mentalità e di coscienza può realmente aiutare a risolvere i problemi del Paese.

    La mancanza di  cultura e l’illegalità sono come l’alcool, le prime volte che lo bevi sembra darti soddisfazione poi pian piano cominciano a manifestarsi gli aspetti negativi e deleteri.

    Ti attacchi a quel bicchiere, perdi il lume della ragione e della dignità. Diventi schiavo di quel bicchiere.

    E sempre di più quel bicchiere ti logora dentro, ti consuma fino a spegnerti. Un giorno ti svegli e ti accorgi che hai dato tutto e hai perso tutto,anche te stesso.

    E io, noi non vogliamo che si perdano in questa spirale di ignoranza e di illiceità  soprattutto i giovani!

    Non possiamo continuare a permetterlo!

    Questi incontri, come quello di oggi,  sono  splendidi, ricchi di provocazioni e stimoli, m adesso tocca a ciascuno di noi, a ciascuno di noi continuare a fare la propria parte, senza scoraggiarsi e senza mollare.

    Eppure i giovani (o almeno la loro parte migliore) continuano nonostante tutto ad ascoltarci e a darci fiducia.

    I giovani devono entrare nell’ordine di idee che il buon funzionamento della scuola, il diffondersi della cultura ed, in ultima analisi la spinta verso la legalità” non  appartengono ad una persona in particolare.

    Noi tutti, ciascuno nel proprio ambito  dobbiamo semplicemente esserne  la molla, lo strumento che ancora una volta smuove le acque sulla tremenda realtà della lotta alle illegalità.

    Il merito di questo ulteriore piccolo passo verso la maturazione di una nuova coscienza di legalità e di cittadinanza, va a quanti in molteplici modi mettono  a disposizione la loro persona, il loro tempo, le competenze, la loro fede, i loro beni perché si possa vivere nella esperienza della disponibilità e dell’ascolto verso gli altri, nel confronto e dibattito.

    A questo riguardo ricordo sempre un episodio e una frase di Rosario Livatino, il giudice ragazzinoucciso dalla mafia nel 1990.

    Un anno, era la vigilia di Natale, tornò in Procura perché c’era da firmare un decreto di scarcerazione.

    Al suo posto, altri, avrebbero aspettato che passasse la festa.

    Lui lasciò la tavola imbandita e permise a un detenuto di festeggiare il suo Natale da uomo libero.

    Per lui la vita era rispettare le regole, portare fedeltà alla propria missione umana e professionale. Sempre. Tra le frasi da lui pronunciate, ne rimane una dal significato immenso: “La giustizia è un atto d’amore”.

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    Venendo ora alla seconda parte, non posso non evidenziare che curo, ormai da anni un movimento denominato “Vento di legalità”, che è un movimento della società civile che ha curato incontri, dibattiti incentrati sulla lotta alle mafie e al malaffare, ma anche su altre forme di illegalità violenza contro le donne, gioco d’azzardo……

    Nel corso del tempo il movimento, attraverso varie edizioni (finora siamo giunti alla sesta edizione) ha organizzato una serie di eventi aventi ad oggetto proprio  la legalità cui hanno partecipato centinaia di studenti delle scuole di ogni ordine e grado svolgendo un ruolo fondamentale.

    Relatori degli eventi sono stati illustri Magistrati, Autorità civili e religiose che hanno interloquito con gli studenti sul tema della legalità.

    Gli studenti dunque hanno svolto nel corso degli eventi un ruolo da protagonisti, ovvero di attori fondamentali con le loro curiosità e le loro domande, a volte di grande profondità rivolte agli illustri interlocutori.

    Mi piace ricordare che uno degli interlocutori più illustri è stato l’allora Presidente della Corte Costituzionale (il prof. Paolo Grossi) in un evento che si è tenuto ad Afragola, al quale gli studenti senza alcun timore reverenziale, ma con la spontaneità tipica della loro giovinezza hanno posto domande anche pungenti alle quali il Presidente non si è sottratto.

    Ad un altro evento, sempre in tema di legalità, organizzato ad Alcamo in Sicilia, hanno assicurato la loro presenza scuole di Campobello di Mazara, di Corleone di Castelvetrano, località particolarmente conosciute, di cui ne sentiamo parlare tutti i giorni, come località critiche ove la mafia ha profonde radici.

    Agli eventi hanno anche partecipato, fornendo la loro preziosa testimonianza, anche altri personaggi conosciuti perché legati da legami familiari alle vittime della mafia (come per esempio Giovanni Impastato) o perché noti per aver svolto il ruolo di testi chiave nel corso di processi alla mafia (come per esempio, Filippo Cogliandro).

    Gli eventi organizzati da “Vento di legalità” hanno messo in evidenza che i giovani sono affamati di conoscenza e che vogliono conoscere  i fenomeni che sono legati al  malaffare.

    C’è chi ritiene che la conoscenza e l’educazione alla legalità siano inutili o poco efficaci. L’esperienza però ha dimostrato che chi  lo ritiene sbaglia, perché non si può combattere un fenomeno poco conosciuto.

    Per combattere un fenomeno lo si deve conoscere, lo si deve studiare. Infatti, le mafie cambiano, non sappiamo spesso dove operano e come operano, la cultura serve a conoscere il nostro nemico perché come diceva Falcone: “Ci troviamo di fronte  a menti raffinatissime, il nostro nemico lo troviamo all’interno dell’economia, della politica della P.A”.

    Queste verità che emergono nel corso degli incontri  organizzati da “Vento di legalità” hanno coinvolto e interessato i ragazzi provenienti da scuole di ogni ordine e grado  e mi hanno fatto comprendere che, al contrario di quanto possa sembrare, i giovani sono un terreno fertile su cui è possibile seminare  e costruire.

    A pensarci bene questa loro disponibilità è veramente commovente.

    Infatti, il movimento, per favorire il loro coinvolgimento, ha organizzato  dei concorsi aventi ad oggetto la tematica della legalità affrontata dai ragazzi, seguiti dai loro insegnanti, con dei mezzi espressivi di loro scelta.

    Molti hanno presentato dei temi scritti sull’argomento, altri interviste fatte a  rappresentanti delle Istituzioni e a gente comune,  altri hanno presentato dei documentari girati da loro, altri, i più piccoli,  disegni  contro la mafia.

    Una commissione di docenti ha poi selezionato i lavori migliori assegnando ai vincitori un premio consegnato, nel giorno dell’evento, ai ragazzi autori dell’opera e alla scuola di appartenenza.

    Fra le varie forme di illegalità, quelle che arrecano maggior danno ai giovani e che turbano il loro desiderio di sapere e la loro fame di conoscenza con notizie false e pericolose,  sono veramente preoccupanti quelle poste in essere dalle organizzazioni criminali che sono molto radicate nel territorio, come la mafia, la ‘ndrangheta, la camorra.

    Un passo importante nella lotta contro queste mafie  è avvenuto, ormai nel lontano 1982, con la legge  Rognoni /la Torre che ha introdotto la confisca dei beni mafiosi e il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso.

    Il passo compiuto è stato con questa legge importante, ma, come sempre accade, è avvenuto dopo la morte vergognosa di Pio la  Torre  preso di mira, per la sua attività di sindacalista impegnato nella strada e non nei salotti.

    Pio La Torre fu barbaramente assassinato, a causa del suo impegno contro “Cosa nostra”, sempre nel 1982, per ordine di alcuni capi di questa organizzazione, tra cui Totò Riina e Bernardo Provenzano.

    La legge Rognoni / La Torre è stata rilevante (e continua ad esserlo) perché (e su questo Falcone e Borsellino erano pienamente d’accordo) colpisce nel cuore, con la confisca dei beni materiali, le attività mafiose, tutelando gli imprenditori onesti.

    Inoltre questa legge è importante perché permette di fare dei passi avanti anche sotto il profilo culturale, soprattutto nei confronti dei giovani, perché fa loro comprendere che le Istituzioni non sono inerti nei confronti dei fenomeni mafiosi, ma, al contrario, si sforzano, sia pure spesso con ritardo, a porre le basi per le necessarie contromisure nel confronti di chi delinque.

    I giovani, torno a ripetere, sono affamati di conoscenza.

    Apprezzano  coloro che non fanno solo chiacchiere, ma  danno l’esempio.

    Il luogo più adatto per coinvolgere i giovani è la scuola.

    Sono convinta di quello che dico perché, quando ho organizzato gli eventi sulla legalità, la partecipazione delle scuole è stata considerevole, anche da parte di quelle scuole che operano in località ad alta densità mafiosa, come Castelvetrano, Campobello di Mazara, Corleone, la terra dei fuochi.

    L’espansione della mafia, come i Magistrati hanno dimostrato, non è avvenuta solo nelle tradizionali zone di provenienza, ma si è diffusa anche  in ogni parte d’Italia e, soprattutto, nelle Regioni più ricche del nostro Paese.

    I Magistrati hanno poi dimostrato che il fenomeno della mafia gode della copertura  di una parte della borghesia e qualcuno dei Pubblici Ministeri, parlando del caso Mattia Messina Denaro, ha affermato che la copertura sulla sua lunghissima latitanza è stata fornita, in larga misura,  da quella parte della borghesia che ha definito come “borghesia schifosa” e che deve essere combattuta con ogni mezzo.

    Infatti, rimane sempre attuale l’insegnamento di Falcone e Borsellino: la mafie non possono essere combattute solo dalle Istituzioni, ma vanno contrastate anche sul piano educativo e culturale, facendo “terreno bruciato” intorno a loro attraverso un’attività di sensibilizzazione e formazione delle coscienze.

    Sotto questo aspetto i ragazzi e le scuole ne sono gli interlocutori privilegiati.

    Lì, 16 marzo 2023

                                                                                             Caterina Viola

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